La festa di San Giuseppe in Sicilia

Il 19 marzo si celebra la festa di San Giuseppe e in Sicilia, lo sposo di Maria, è particolarmente venerato. Si festeggia infatti in ogni angolo dell’Isola, con liturgie e tradizioni che risalgono alla notte dei tempi e che, come spesso accade, mischiano sacro e profano, vangeli canonici e vangeli apocrifi.

Noi ne abbiamo censite alcune di queste feste
In provincia di Agrigento: la città capoluogo, Campobello di Licata, Porto Empedocle, Ribera, Siculiana. In provincia di Caltanissetta: Niscemi, Sommatino. In provincia di Catania: Mascalucia, Mirabella Imbaccari, Ramacca, Santa Maria di Licodia, Scordia, Vizzini. In provincia di Enna: Catenanuova, Centuripe, Leonforte, Valguarnera. In provincia di Messina: Castel di Lucio, Leni, Malfa, Militello Rosmarino. In provincia di Palermo: Bagheria, Balestrate, Borgetto, Caccamo, Campofiorito, Chiusa Sclafani, Misilmeri, Palazzo Adriano, Petralia Sottana, Roccapalumba, Torretta, Terrasini. In provincia di Ragusa: Donnalucata, Modica, Ragusa, Santa Croce Camerina, Scicli. In provincia di Siracusa: Carlentini. In provincia di Trapani: Calatafimi, Campobello di Mazara, Castelvetrano, Gibellina, Marettimo, Poggioreale, Salemi.

Ogni località ha la propria tradizione, in cui, oltre al Santo, protagonista è il pane.

Nella tradizione di Leonforte (EN), per esempio, vengono allestiti gli “Artara” o “Tavulati” di San Giuseppe, ovvero delle tavole imbandite con quelli che sono i cibi della tradizione contadina (dal macco di fave alle frittelle di finocchietto selvatico, dai cardi in pastella alla pasta coi ceci), ma su tutta la tavolata spiccano le cosiddette “cuddure”, dei pani artisticamente lavorati che narrano episodi evangelici e della vita del Santo raccontati simbolicamente. Ogni “Artaru” ha un numero di “santi” (variabili da 3 a 33 e sempre in numero dispari), un tempo persone di umili condizioni, i quali parteciperanno al pasto del 19 marzo. Nel corso del pomeriggio e fino a notte fonda del 18 marzo, gli “artara” sono visitabili e la famiglia che per devozione (in genere per grazia ricevuta o richiesta) accoglie i visitatori dà loro da mangiare. Quest’ultima prassi, introdotta da qualche decennio, ha attirato negli anni numerosi visitatori da fuori, facendo perdere un po’ della sacralità della tradizione, che pare risalga alla fondazione di Leonforte e introdotta dal principe Branciforti nel XVII secolo.

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